Ieri mattina non ho più tergiversato e sono salita sulla bilancia. Lo sapevo: i pochi, improrogabili, mestieri casalinghi e le sessioni giornaliere di yoga online non sono bastate: tre settimane chiusa in casa mi hanno fatto guadagnare, ahi noi, un chilo di peso.
Così.
"Mamma, porto fuori il cane"
"No, mamma, tocca a me stamattina!"
"Ragazzi, oggi vado io."
"TU?" domandano increduli, in coro, i rampolli di casa seicuori, che sanno bene quanto io odipasseggiare farmi tirare di qua e di là da un cane indisciplinato.
"Questioni di... non potete capire, voi, grissini!".
Così sono uscita in strada. La nuova ordinanza mi permette di allontanarmi da casa per massimo duecento metri, e io ho intenzione di farli tutti.
Il silenzio è surreale: nei giorni scorsi ancora si potevano udire il rombo di qualche motore in lontananza, il chiacchiericcio di bambini che passeggiavano per la campagna con i genitori. Ora, tutto è silenzio.
Il cane tira, ho quasi finito i duecento metri permessi.
Arrivo in fondo alla via e vedo che il cancello del giardino del signor G. è accostato.
La sua auto è parcheggiata in strada.
Il signor G. vive solo. La sua casa è grande, il giardino immenso. Una volta era pieno delle grida di bambini, del canto di sua moglie. Adesso i figli vivono all'estero, la moglie è morta un anno fa. La casa ora appare troppo grande e vuota, bisognosa di manutenzione.
Il campanello è rotto da tempo. Sono un po' preoccupata, entro. In giardino non c'è nessuno. Mi avvicino e busso ai vetri di una finestra, aspetto. Finalmente compare il signor G., ha gli occhi tutti rossi. Mi tengo rigorosamente a tre metri di distanza.
"Buongiorno, mi scusi, il cancello era aperto, volevo sapere se va tutto bene..."
"Va tutto bene, sì... stavo guardando un video."
"Ha bisogno di qualcosa? Vuole che vada a farle la spesa? Lei, ehm, per la sua età, farebbe bene a stare in casa..."
"Per la spesa mi arrangio, per carità... almeno ho la scusa per uscire, mi passo un po' via."
"Ha la mascherina, usa i guanti?"
"Sì, certo, uso i guanti. Di mascherine, me ne ha spedite qualcuna mio figlio da Oslo."
Mi guardo intorno: in un'aiuola scorgo dei bellissimi tulipani variopinti.
"Che belli!"
"Grazie, con questo caldo sono sbocciati in anticipo. E' un regalo di mia figlia, quella che vive ad Amsterdam."
Attimi di silenzio. Mi sembra davvero tanto solo. Ma mi pare anche che non abbia una gran voglia di parlare con me.
"Senta, ora vado. Ma se ha bisogno di qualcosa, ha il mio numero, mi chiami!"
Uscendo, mi tiro dietro il cancello, facendo scattare la serratura.
Così.
"Mamma, porto fuori il cane"
"No, mamma, tocca a me stamattina!"
"Ragazzi, oggi vado io."
"TU?" domandano increduli, in coro, i rampolli di casa seicuori, che sanno bene quanto io odi
"Questioni di... non potete capire, voi, grissini!".
Così sono uscita in strada. La nuova ordinanza mi permette di allontanarmi da casa per massimo duecento metri, e io ho intenzione di farli tutti.
Il silenzio è surreale: nei giorni scorsi ancora si potevano udire il rombo di qualche motore in lontananza, il chiacchiericcio di bambini che passeggiavano per la campagna con i genitori. Ora, tutto è silenzio.
Il cane tira, ho quasi finito i duecento metri permessi.
Arrivo in fondo alla via e vedo che il cancello del giardino del signor G. è accostato.
La sua auto è parcheggiata in strada.
Il signor G. vive solo. La sua casa è grande, il giardino immenso. Una volta era pieno delle grida di bambini, del canto di sua moglie. Adesso i figli vivono all'estero, la moglie è morta un anno fa. La casa ora appare troppo grande e vuota, bisognosa di manutenzione.
Il campanello è rotto da tempo. Sono un po' preoccupata, entro. In giardino non c'è nessuno. Mi avvicino e busso ai vetri di una finestra, aspetto. Finalmente compare il signor G., ha gli occhi tutti rossi. Mi tengo rigorosamente a tre metri di distanza.
"Buongiorno, mi scusi, il cancello era aperto, volevo sapere se va tutto bene..."
"Va tutto bene, sì... stavo guardando un video."
"Ha bisogno di qualcosa? Vuole che vada a farle la spesa? Lei, ehm, per la sua età, farebbe bene a stare in casa..."
"Per la spesa mi arrangio, per carità... almeno ho la scusa per uscire, mi passo un po' via."
"Ha la mascherina, usa i guanti?"
"Sì, certo, uso i guanti. Di mascherine, me ne ha spedite qualcuna mio figlio da Oslo."
Mi guardo intorno: in un'aiuola scorgo dei bellissimi tulipani variopinti.
"Che belli!"
"Grazie, con questo caldo sono sbocciati in anticipo. E' un regalo di mia figlia, quella che vive ad Amsterdam."
Attimi di silenzio. Mi sembra davvero tanto solo. Ma mi pare anche che non abbia una gran voglia di parlare con me.
"Senta, ora vado. Ma se ha bisogno di qualcosa, ha il mio numero, mi chiami!"
Uscendo, mi tiro dietro il cancello, facendo scattare la serratura.
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